Il trauma psicologico si ha come conseguenza di un evento (o una sequenza di eventi) con caratteristiche tali da interrompere la continuità normalmente avvertita da un soggetto tra esperienza passata ed intenzionalità. Per essere chiamato "traumatico" l'evento deve produrre nell'individuo un'esperienza vissuta come "critica", eccedente cioè l'ambito delle esperienze normalmente da lui prevedibili e gestibili. Il trauma (dal greco: "rottura") è quindi un esempio di stress di gravità estrema, che minaccia l'integrità stessa della coscienza. Secondo l'approccio janetiano che ha influenzato ampiamente la teorizzazione in quest'ambito, il trauma psicologico è un evento che, per le sue caratteristiche, risulta "non integrabile" nel sistema psichico pregresso della persona, minacciando di frammentare la coesione mentale. Talvolta l'esperienza traumatica rimane dissociata dal resto dell'esperienza psichica, causando una sintomatologia psicopatologica chiamata "dissociazione". L'evento traumatico può essere di qualsiasi tipo; esso solitamente implica l'esperienza di un senso di impotenza e vulnerabilità a fronte di una minaccia, soggettiva o oggettiva, che può riguardare l'integrità e condizione fisica della persona, il contatto con la morte oppure elementi della realtà da cui dipende il suo senso di sicurezza psicologica. Per la "Scuola di Val-de-Grace" (la più importante scuola psicotraumatologica francese) il trauma è legato a un contatto del soggetto con la realtà della morte (réel de la mort), quando ciò avviene in modo brusco, non mediato e non elaborabile. Nell'accezione più ampia di tale approccio, il trauma psicologico corrisponde alla "assenza di significato e di significabilità dell'evento" (ovvero, il trauma corrisponde all'impossibilità di dare un senso ed un significato, coerente e psicologicamente viabile, ad un episodio che si situa "fuori" dall'esperienza di vita normale dell'individuo). Traumi tipici sono l'abuso, la violenza sessuale, la violenza domestica, il lutto, il bullismo, la malattia, la violenza verbale, fisica o la sua minaccia, gli incidenti, altre violazioni (come furti o raggiri) o perdite di sicurezze personali. Anche l'assistere a questi fatti può costituire un evento traumatico (si parla in questo caso di "vittime secondarie", o anche di vittime "terziarie" nel caso dei soccorritori che assistono le vittime primarie). Ci sono poi i "traumi cumulativi", definiti come tali originariamente dallo psicoanalista Masud Khan: lutti precoci, relazioni dolorose nell'infanzia, malattie più o meno invalidanti dei genitori o proprie, fallimenti professionali, delusioni amorose, ecc. Secondo Khan, il trauma cumulativo ha le sue origini nel periodo di sviluppo in cui il bambino necessita della madre e la usa come proprio schermo protettivo. Qualsiasi disturbo nella delicata interazione dei fattori individuali e ambientali durante questo periodo può diventare traumatico. Tali tipi di traumi sono attualmente definiti, nella nosografia, come "traumi di tipo 2" (riservando la definizione di "trauma di tipo 1" agli eventi traumatici "singoli": incidenti unici, eventi critici isolati, ecc.). Comunque, raramente l'attraversare tali esperienze, pur se penose e difficili, determina lo sviluppo di una vera e propria sindrome clinica, o "trauma psicologico strutturato" (PTSD). Perché un evento estremo, ancorché molto doloroso, si traduca in una sindrome di trauma strutturato, è necessario il concorso di ulteriori fattori personali ed esperienziali nella storia pregressa dell'individuo (quali fenomeni di abuso e trascuratezza nell'infanzia, problematiche psicologiche pregresse, etc.), oltre che nella struttura della rete di supporto sociale (social support network). L'intervento immediato di supporto individuale, gruppale e psicosociale a singoli e comunità che hanno subito un evento critico è ambito elettivo della psicologia dell'emergenza; invece, gli interventi clinici di valutazione e intervento sulle sindromi di trauma psicologico strutturato, nel medio-lungo periodo, sono ambito elettivo della psicotraumatologia. Il "National Center for Post-Traumatic Stress Disorders" Statunitense stima in media a circa il 7.8% la prevalenza lifetime di un PTSD nella popolazione (un valore cioè di ampia minoranza). La percentuale sale di molto per i traumi relativi a violenza fisica o sessuale diretta, mentre è significativamente più bassa per i traumi derivanti dall'esposizione a calamità naturali. La variabile discriminante, nel rendere tendenzialmente più "psicologicamente traumatici" gli eventi di violenza diretta e voluta, rispetto a quelli indiretti e "accidentali", è proprio la percezione di "volontarietà" del danno che viene portato contro il soggetto. Se l'agente di danno è impersonale o naturale (es.: terremoto), la percezione della vittima della causalità volontaria dell'accaduto, e della "volontà di fargli un danno personale", è ovviamente inferiore rispetto a quello di un atto di violenza diretta perpetrato appositamente nei suoi confronti da un'altra persona, con conseguente minore traumatizzazione psichica. Le persone che hanno subito dei traumi spesso manifestano vari sintomi e problemi in seguito. La gravità del trauma varia da persona a persona, dal tipo di trauma in questione e dal supporto emotivo derivato dalle altre persone. Un individuo traumatizzato ne può sperimentare anche più di uno. Dopo un'esperienza traumatica, una persona può rivivere il trauma mentalmente e fisicamente, perciò evita il ricordo del trauma, chiamato anche trigger (termine inglese che significa appunto "grilletto", perché scatena il ricordo), in quanto questo può essere insopportabile e persino doloroso. Le persone traumatizzate possono cercare sollievo nelle sostanze psicotrope, tra cui l'alcool, per cercare di sfuggire ai sentimenti legati al trauma. Il rivivere i sintomi è un segno che il corpo e la mente stanno attivamente cercando di far fronte con l'esperienza traumatica. I trigger e i sintomi agiscono come promemoria del trauma e possono causare ansia e altre emozioni associate. Spesso il soggetto traumatizzato può essere completamente all'oscuro dei trigger. In molti casi questo può portare una persona che soffre di disturbi traumatici ad impegnarsi in meccanismi di adattamento distruttivo o autodistruttivo, spesso senza essere pienamente consapevole della natura o delle cause delle proprie azioni. Gli attacchi di panico sono un esempio di una reazione psicosomatica ai trigger. Di conseguenza, i sentimenti intensi come la rabbia possono riemergere frequentemente, a volte in situazioni molto inappropriate o impreviste, e sembrano essere un pericolo sempre presente, per quanto in realtà esistano e siano la conseguenza di eventi passati. Ricordi sconvolgenti quali immagini, pensieri o flashback possono tormentare la persona, e gli incubi possono essere frequenti. L'insonnia può manifestarsi, così come le paure nascoste e l'insicurezza, che mantengono la persona vigile e attenta al pericolo, sia di giorno che di notte. La persona può non ricordare quello che è realmente accaduto, mentre le emozioni vissute durante il trauma possono essere rivissute senza che ne comprenda il motivo. Questo può portare a eventi traumatici costantemente vissuti come se stessero accadendo nel presente, impedendo al soggetto di ottenere una prospettiva chiara sull'esperienza. Questo può produrre un modello di prolungati periodi di eccitazione acuta punteggiati da periodi di stanchezza fisica e mentale. Nel tempo, si può instaurare un esaurimento emotivo, portando così alla distrazione e il pensare lucidamente può risultare difficile o persino impossibile. Il distacco emotivo, così come la dissociazione o la desensibilizzazione, può verificarsi frequentemente. Dissociarsi dall'emozione dolorosa significa annullare tutte le emozioni, e quindi si arriva alla desensibilizzazione emotiva, che porta la persona ad apparire emotivamente svuotata, preoccupata, distante o fredda. La persona può tendere a confondersi in situazioni ordinarie e ad avere problemi di memoria. Alcune persone traumatizzate possono sentirsi danneggiate in modo permanente quando i sintomi del trauma non spariscono e non credono che la loro situazione migliorerà. Questo può portare a sentimenti di disperazione, perdita di autostima e spesso alla depressione. Se aspetti importanti della persona sono stati violati, questa può chiamare la propria identità in discussione. Spesso, nonostante gli sforzi, i genitori traumatizzati possono avere difficoltà nell'assistere il loro bambino con la regolazione delle emozioni, l'attribuzione di significato e contenimento della paura post-traumatica in seguito ad una esperienza traumatica del bambino, che porta a conseguenze negative per quest'ultimo. In tali casi, è nell'interesse dei genitori, e dei figli per i genitori, di cercare la consultazione e fare in modo che anche il loro bambino riceva adeguati servizi di salute mentale. A diversi adulti che riportano storie di un'infanzia compromessa da esperienze traumatiche, a volte gravi e prolungate nel tempo, tanto da coprire un ampio arco del loro sviluppo, viene spesso diagnosticato un disturbo dissociativo o un disturbo borderline di personalità, ma possono anche essere presenti in comorbilità altri disturbi clinici previsti dal DSM. Il pattern specifico, che accomuna molti pazienti che hanno avuto una storia di sviluppo traumatico (includendo sentimenti di vuoto e disperazione, ostilità e derealizzazione, perdita di coerenza nella rappresentazione di sé, irritabiltà, problemi di disregolazione emotiva, tendenza all'autolesionismo o scarsa protezione personale, e una forte dipendenza che, paradossalmente, coesiste con un attaccamento evitante), prende il nome di "Disturbo post-traumatico da stress complesso" (Complex PTSD). La categoria diagnostica del "PTSD Complesso" può essere, indubbiamente, funzionale allo studio di tutti i disturbi correlati al trauma, considerati come un continuum con il PTSD.
Studio Kairos
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