I piccoli difficilmente chiedono aiuto ad uno psicologo, si definiscono come pazienti e comprendono di avere un problema che gli crea malessere. Fondamentale è il ruolo dei familiari e della scuola. L’intervento dello psicologo in situazioni di disagio infantile è diventato ormai sempre più frequente. Dalle problematiche più serie, connesse a fattori strettamente sociali, come abbandono o abuso, a quelle più ordinarie, lutti, eventi stressanti (trasloco, nascita di un fratellino) o dinamiche familiari conflittuali: il bambino esprime a più livelli la sua sofferenza. Ma quando, realmente, si rende necessario che un bambino sia ascoltato e valutato da uno specialista? La tenera età di un bambino ci deve far prestare maggiore attenzione ai suoi stati emotivi e alle sue manifestazioni comportamentali; è fondamentale che gli adulti si prendano la responsabilità di cogliere il significato del disagio del bambino, e dunque, riescano a tradurre, leggere, interpretare una sua richiesta di aiuto. In particolare, per i genitori, un indicatore importante è l'analisi della qualità della relazione che essi hanno con il proprio bambino: un figlio rappresenta l’occasione preziosa per ripercorrere le tappe della propria infanzia e di «riparare» le ferite, le mancanze, le inadempienze subite. «Riconoscere e riconoscersi» diviene una dialettica profonda sostanziale per la crescita e lo sviluppo equilibrato del bambino, pertanto le disfunzionalità relazionali rappresentano un segnale di allarme da non sottovalutare in quanto ostacolano la comprensione empatica sottesa al processo di «riconoscimento». È opportuno sottolineare l’importanza di incontrare il «piccolo paziente» con i suoi genitori. Il gioco e il disegno diventano gli strumenti essenziali per entrare nel mondo psichico del bambino. Il bambino si osserva attraverso gli occhi e le parole dei genitori e la sua immagine è riflessa nello «specchio» della relazione di coppia. L’intreccio che sottende la dinamica ricorsiva tra le aspettative dei genitori e le percezioni del piccolo paziente rappresenta spesso il fulcro intorno al quale ruota sia la diagnosi che la terapia. L’incontro congiunto riconnette il bambino al sistema di significati espressi dalla sua famiglia e l’attribuzione di senso al contesto terapeutico non può che realizzarsi attraverso i genitori. L’aspetto centrale della psicoterapia infantile è rappresentato dalla possibilità, per i genitori, di tradurre il messaggio in codice racchiuso nel comportamento sintomatico del bambino. Esistono ormai considerevoli prove empiriche e numerose ricerche scientifiche che dimostrano come il disagio infantile non dovrebbe essere considerato e trattato al di fuori della «dimensione relazionale» che si sviluppa nei suoi contesti di riferimento. L’adulto che offre un ascolto empatico al bambino, gli consente di esprimere i suoi vissuti di disagio. Il bambino in psicoterapia ha l’opportunità di recuperare un’immagine di sé, talvolta lesa dal suo comportamento sintomatico, adeguata al contesto, rinsaldando l’autostima e la valorizzazione delle sue capacità.
Studio Kairos